Riflessioni sparse…
di Walter Marzilli
Giorgione, Il Cantore appassionato (1507) – Museo di Villa Borghese, Roma
Questo quadro è in grado di dirci molto di più di quello che mostra. Se questo cantore è “appassionato” vuol dire che è coinvolto, espressivo e in possesso di una buona tecnica, perché non ci si può appassionare a qualcosa se la si fa male… E si sa che uno dei momenti più espressivi del cantare non risiede nell’emissione grave, bensì in quella acuta. Invece possiamo dimostrare che questo cantore non sta cantando in una tessitura acuta.
Per fare questo avrebbe dovuto tenere la bocca molto più aperta, la testa più dritta, la muscolatura facciale più tonica e lo sguardo più acceso. Ma il primo aspetto è quello determinante: la bocca più aperta. In Acustica sappiamo come esista una proporzionalità diretta tra l’altezza del suono e la sezione del risuonatore. Nel caso di un cantante tale sezione è la bocca, mentre per gli strumenti a fiato è il padiglione di uscita del suono. Questo significa che se sono un cantante e voglio emettere dei suoni acuti (ad alta frequenza) la superficie della mia bocca deve essere ampia. Più semplicemente: DEVO aprire la bocca. I suonatori di legni e ottoni sanno infatti quanto sia difficile emettere suoni acuti senza la possibilità di allargare a piacimento il padiglione finale dello strumento, la cosiddetta “campana”. Un cantante lo può fare, e infatti lo fa ogni volta che canta un acuto, se è dotato di una buona tecnica. Nel caso del nostro dipinto, come abbiamo detto, lo possiamo affermare, anche perché nel Rinascimento esisteva solo la figura del cantore professionista, e non quella del cantore amatoriale.
Cosa possiamo concludere? Probabilmente che l’estetica vocale nel Rinascimento non era indirizzata verso i suoni acuti come adesso. A questo proposito si ricordino le polemiche suscitate dall’assenza del DO acuto nel Trovatore di Verdi – Di quella pira – sotto la bacchetta di Riccardo Muti alla Scala di Milano!. Tanto è vero che nell’epoca rinascimentale non si conosceva la tecnica del passaggio di registro, per cui non si poteva salire alla zona acuta del terzo registro. Infatti i soprani arrivavano solitamente al MI, una quarta sotto rispetto all’estensione corale attuale!