di Giuliano Parlanti
Per la gioia dei molti tifosi, e non solo, il Grosseto ha potuto giocare la sua prima partita di campionato ancora in serie B, oltretutto con un buon risultato sul campo, anziché subire l’onta della retrocessione, come aveva decretato la “giustizia sportiva” con sentenza di primo grado. Giustizia è fatta! È stato il coro di gioia che si è levato nell’intera città.
Al di là della soddisfazione per chi, come me, è abbonato alle partite del Grosseto, la vicenda conserva tutto il cattivo sapore amaro e il pessimo odore di marcio che il mondo del calcio emana, e quello della cosiddetta giustizia sportiva in particolare. Di fronte ad eventi che avvelenano e umiliano lo sport più amato dagli italiani, la giustizia sportiva ha messo in evidenza tutte le sue lacune e le sue insufficienze, dando pessima prova di sé.
In fase di indagini conseguenti il marciume che si nasconde sotto il fenomeno del calcio scommesse, sono emersi fatti gravissimi quanto noti. In particolare è stato accertato che “uomini di sport” (si fa per dire) si sono venduti, tradendo tutti, compagni e colleghi, società, tifosi e appassionati che li sostengono, con i biglietti e gli abbonamenti, violando soprattutto quello spirito sportivo e quei valori di onestà e lealtà che sono alla base del concetto stesso di sport, ma che dovrebbero essere alla base di ogni azione umana.
Ci sarebbe stato da aspettarsi per costoro punizioni esemplari, più severe di quelle che vengono irrogate, per esempio, nei casi di doping; come ha dichiarato Michel Platini, presidente della Federazione europea, questi signori andrebbero radiati e non dovrebbero vedere più un pallone, nemmeno col binocolo. Invece sono stati usati, con sconti di pena in alcuni casi ragguardevoli, per estendere le indagini e quindi le imputazioni ad altri soggetti. Se da un punto di vista pratico, questo può anche essere utile, nel caso della giustizia sportiva si deve tener conto di una cosa del tutto peculiare al procedimento sportivo e impensabile in un qualunque ordinamento giuridico degno di questo nome. Una volta formulata e formalizzata un’accusa, è l’accusato che deve provare la propria innocenza. Per questo, per la difficoltà di difendersi, molti accusati ricorrono al patteggiamento (è successo anche al Grosseto), per avere almeno uno sconto di pena. E questo non è il solo un aspetto aberrante, ci sarebbe poi da sindacare su altri principi, quali la responsabilità oggettiva, le sanzioni, e altro, ma tutto porta ad una unica conclusione. La giustizia sportiva deve essere riformata, se vuole ancora essere definita in qualche modo giustizia. Così da dare al nostro calcio, in declino su tutti i campi, ancora un minimo di credibilità.
Grosseto 26/08/2012