La Spigolatrice di Sapri

In occasione delle celebrazioni del 150° anniversario dell’unità d’Italia, il maestro Francesco Iannitti, direttore del coro, ha voluto tributare un suo personale omaggio al Risorgimento Italiano, mettendo in musica la celebre poesia di Luigi Mercatini “La Spigolatrice di Sapri”. L’opera composta per voce femminile, coro e pianoforte è stata eseguita dal coro diretto dall’Autore in tutti i concerti dedicati ai 150 anni dell’unità d’Italia. Incorniciando in musica versi della bellissima poesia, l’Autore ha raggiunto livelli di altissima lirica musicale. Alla linearità del canto popolare melodico fa da contrappunto il linguaggio corale moderno, alla intima e vibrante  partecipazione della giovane donna interpretata dalla voce della solista, si contrappongono crudi episodi ritmici del coro caratterizzati da forti dissonanze e sonorità incalzanti. La musica segue ed accompagna l’evolversi della narrazione poetica, dando vita a cinque “quadri” musicali, uno per ogni strofa, ognuno con un suo diverso tema, alternandosi con il ricorrente e incessante: “erano trecento…”.

La composizione è stata pubblicata su “I Quaderni di Diapason”, supplemento della rivista dell’Associazione Cori della Toscana “Diapason”.

LA POESIA

Eran trecento, erano giovani e forti/ e sono morti…Comincia così una delle più note e più belle e più amate poesie della letteratura risorgimentale, poesia che una volta si studiava a scuola, imparandola a memoria fin dalle elementari. Fu composta nel 1857, pochi mesi dopo il sanguinoso fallimento della spedizione di Carlo Pisacane, da Luigi Mercantini, poeta patriota che ci ha lasciato altre belle liriche sulle gesta del risorgimento italiano. Suo, tra gli altri, il testo dell’Inno di Garibaldi: “si scopron le tombe…”.Docente di Letteratura Italiana e Storia nel Collegio femminile genovese delle “Peschiere”, il Mercantini conobbe Silvia, la figlia di Carlo Pisacane, ricoverata in quel collegio per le precarie condizioni fisiche ed economiche. Sicuramente l’incontro con la giovane fu determinante nella ispirazione del poeta che ha rievocato in modo lirico ed eroico la leggendaria sfortunata spedizione di Carlo Pisacane. Il tentativo di liberare il Regno delle Due Sicilie dalla dominazione borbonica, fallì nel sangue, e oggi, osservando gli avvenimenti con un certo distacco, possiamo dire che da un freddo punto di vista tecnico-militare, la missione era destinata a fallire in partenza. Oggi può apparire velleitario che uno sparuto gruppo di uomini, una trentina, o poco più, ai quali poi si aggiunsero ” i trecento”, in massima parte galeotti liberati da Pisacane dal carcere dell’isola di Ponza, oltre tutto male armati, potesse affrontare reparti ben più numerosi, bene organizzati e armati di tutto punto dell’esercito borbonico. Ma il fervore che animava i patrioti dell’epoca era tale che Pisacane era davvero convinto che, anche con pochi uomini, sarebbe riuscito a sollevare le popolazioni meridionali, accendendo la scintilla che avrebbe dato fuoco alle polveri ed avrebbe fatto esplodere una vera e propria insurrezione popolare. I moti popolari e i tentativi di sommossa che si erano verificati in diverse città tra cui Milano, Genova, Venezia, alimentavano questa convinzione. Ma nelle campagne, del sud in particolare, la situazione era ben diversa. I  proclami di Carlo caddero nel vuoto, l’insurrezione non ci fu, ci furono anzi episodi di chiara ostilità verso i patrioti, e nello scontro finale con l’esercito borbonico a Sapri, il 2 luglio 1857, Pisacane e ventisei dei suoi caddero sul campo. Secondo alcuni storici, Carlo stesso, resosi conto della sconfitta, si tolse la vita con un colpo di rivoltella alla testa.

 Questo ci dicono i resoconti dell’epoca, questo dice la storia.

 Mercantini enfatizza il sacrificio di Pisacane, conferendogli quell’aura eroica e leggendaria che ha fatto della “Spigolatrice di Sapri” una delle liriche più conosciute ed amate del Risorgimento Italiano. Nella poesia Carlo Pisacane, che i ritratti d’epoca raffigurano con occhi scuri e grandi baffi neri, è il “bel capitano” dagli “occhi azzurri e dai capelli d’oro” (tutti gli eroi sono biondi con gli occhi azzurri), i “trecento giovani e forti” muoiono tutti, mentre nella realtà i morti furono in tutto meno di cinquanta, tra le scaramucce con “li gendarmi” e la battaglia decisiva; circa metà dei trecento, fuggirono o furono fatti prigionieri. La cruda verità storica, tuttavia, nulla toglie alla bellezza della poesia e soprattutto allo spirito e al sacro fuoco patriottico che la anima. Questa aura epica e leggendaria ed il dramma eroico del sacrificio di tante giovani vite immolate per l’ideale dell’unità d’Italia, la commossa partecipazione della giovane spigolatrice al dramma che la coinvolge, sono state perfettamente trasposte in musica – per la prima volta – dal maestro Iannitti, conferendo al testo una carica ed forza di grande impatto emotivo.

LA CRONACA

 25 giugno 1857 – Carlo Pisacane (1818- 1857) salpa da Genova con il piroscafo di linea “Cagliari” diretto a Tunisi. Sono con lui una quarantina, forse meno, di cospiratori che una volta a largo si impossessano della nave e fanno rotta verso Ponza dove attraccano sabato 27 giugno (…all’isola di Ponza si è fermata…). Dal carcere di Ponza vengono liberati circa trecento detenuti (..eran trecento, eran giovani e forti..), di cui solo una dozzina sono politici (…li disser ladri usciti dalle tane…).

 Il 28 giugno, all’imbrunire, gli insorti sbarcano nei pressi di Sapri.

 Il 29 giugno il gruppo dei patrioti entra a Torraca, in festa per San Pietro. Tutto il paese, riunito nella piazza dell’Olmo, ascolta il proclama insurrezionale letto da Carlo, ma la reazione non è certo quella che Carlo si aspettava.

 Il 30 giugno, verso mezzogiorno, la spedizione arriva a Casalnuovo (oggi Casalbuono). Viene letto il proclama di Carlo, ma anche qui, come a Torraca, non si verifica nessuna reazione popolare: l’appello all’insurrezione cade nel vuoto; l’indifferenza, se non la diffidenza, è generale. In serata il gruppo dei patrioti giunge nei pressi di Padula.

 Il l° luglio, all’alba, le vedette annunciano a Pisacane l’avanzare dell’esercito borbonico, che conta circa 1.800 uomini; gli insorti cercano raggiungere la Certosa, più adatta a resistere...Ma quando fur della Certosa ai muri, s’udiron a suonar trombe e tamburi, e tra ‘l fumo e gli spari e le scintille, piombaron loro addosso più di mille….

 La battaglia è violenta e le forze impari. I patrioti cercano salvezza nella fuga e si dirigono verso Buonabitacolo.

 Il 2 luglio all’alba, a Sanza, Carlo Pisacane e i suoi sono attaccati dalla popolazione, istigata dall’arciprete e dal capo urbano. Carlo, dopo avere esortato i compagni a risparmiare quei popolani inconsapevoli, cade colpito a morte, o forse, ferito, si procura da sé la morte.….ma vollero morir col ferro in mano….

 I morti nell’ultima battaglia furono poco meno di trenta, uccisi anche a colpi di roncola e forcone e da fucilate provenienti dalla finestre delle abitazioni; circa 150 furono i prigionieri catturati dai borbonici, altri trovarono scampo nella fuga. I prigionieri, processati nel 1858 e condannati a morte, videro poi la pena commutata in ergastolo