LA TRAMA

di Gaia Ulmi

Prologo “Fortuna Imperatrix Mundi”
“O Fortuna” e “Fortune plango vulnera”
Con un coro all’unisono il testo racconta la volubilità della Fortuna, come da favorevole si trasformi diventando avversa e dopo aver esaltato le sorti umane ne provochi la rovinosa caduta.

“O fortuna,
come la luna
cambi forma (…)
ora al tuo capriccio
offro il mio dorso nudo.
La fortuna
ed il successo
ora mi sono avverse,
difficoltà
e privazioni
mi tormentano.”

Parte I “Primo vere” – Primavera
La voce del coro sottolinea la lieta rinascita della natura, l’arrivo della Primavera, dopo i rigori dell’inverno ed il baritono solista invita a godere del calore tiepido del sole che risveglia i sensi sopiti da un lungo sonno. La bellezza splendente della Primavera viene esaltata da un coro gioioso che invita tutti all’ allegria.

“Il volto lieto della Primavera
si volge verso il mondo,
il rigore dell’inverno
ora sconfittosi dà alla fuga (…)
Tutto riscalda il sole
Puro e delicato
nuovamente si svela al mondo
il volto di Aprile,
aspira all’amore l’animo dell’uomo (…)
Primavera riporta la gioia:
purpureo il prato fiorisce
il sole tutto rasserena,
via ogni tristezza (…)”

“Uf dem Anger” – Sul prato
“Tanz” unico brano strumentale dei Carmina ci porta “Sul prato” dove “La nobile foresta rinverdisce” (Floret silva nobilis), le fanciulle rimpiangono la lontananza degli amici ma la gioia esplode con il loro ritorno. In “Chramer, gip die varwe mir” (Mercante, dammi del colore), brano molto vivace, le fanciulle si fanno belle e si truccano sotto lo sguardo ammirato dei loro uomini e per il loro piacere. In “Reie” si festeggiano gli amori ritrovati, la felicità continua nel girotondo “Swaz hie gat umbe” (Quelle che girano danzano), intervallato dal dolcissimo “Chume, chum, geselle min” (Vieni, vieni, mio amato) introdotto dalle voci della sezione dei contralti del coro piccolo nella quale s’ inseriscono tenori (primi e secondi), baritoni e bassi.

“Vieni, vieni amore mio,
io ti bramo,
vieni, vieni amore mio.
Con dolci labbra, rosse come rose,
vieni e rendimi felice,
con dolci labbra, rosse come rose.”

Dopo la ripresa di “Swaz hie gat umbe” il coro conclude il quadro con “Were diu werlt alle min” (Se il mondo fosse tutto mio!) dicendo:

“Se tutto il mondo fosse mio
dal mare fino al Reno,
lo butterei tutto,
se la regina d’ Inghilterra fosse tra le mie braccia.”

Parte II “In taberna” – All’osteria
Questa seconda parte è forse quella, a livello musicale e visivo, che risulta più interessante ma soprattutto più originale per le trovate e le situazioni esilaranti. Si apre con il baritono solista che canta “Estuans interius” (Divorato dall’ira vemente) dove evoca i desideri della giovinezza e le sue inquietudini che lo porteranno alla rovina:

“Bruciando da dentro
Per violenta ira (…)
sono simile a una foglia
con la quale giocano i venti.
(…) stolto mi paragono
a un fiume che scorre,
che nel suo percorso
mai permane.
Io ne sono trascinato
Come una nave senza timoniere (…)
Mi avvolgo nei vizi
Immemore della rettitudine,
affamato di piacere
più che di salvezza,
morto sono nell’anima
mi preoccupo soltanto della carne.”

Nel brano successivo il tenore solo interpreta un cigno al girarrosto che piange la sua sorte crudele “Olim lacus colueram” (Un tempo abitavo il lago) mentre gli avventori dell’osteria stanno per mangiarlo.

“(…) un tempo ero sembrato bello,
quando ero un cigno.
Misero, misero me!
Ora nero e ben arrostito (…)
Ora giaccio su un piatto,
e non posso più volare,
vedo denti che mi masticano (…)”

A questo punto il baritono solo, l’abate di Cuccagna “libero e improvvisando, gesticolando e beffardo assai” entra in scena incitando i presenti ai piaceri del mangiare e del bere con “Ego sum abbas”.

“Io son l’abate di Cuccagna,
ed il mio consiglio è assieme ai bevitori (…)
e chi la mattina mi cerca nella taverna,
dopo sera se ne esce nudo (…)

Subito dopo un coro dal ritmo incalzante irrompe con “In taberna quando sumus” (Quando siamo all’osteria) e dichiara che il vino rende tutti gli uomini uguali indipendentemente dalla classe e dalla condizione sociale di provenienza.

“(…) Bevono tutti senza regole.
Beve la donna, beve l’uomo,
beve la milizia, beve il clero,
beve quello, beve quella,
beve il servo con l’ancella, (…)”

Parte III “Cour d’amours” (Le corti d’amore)
Vi si rappresentano gli aspetti contrastanti dell’amore sensuale, iniziamo con “Amor volat undique”

“Amore vola ovunque;
richiamato dal desiderio.
Fanciulli e fanciulle
si uniscono secondo natura. (…)”

e si passa dal desiderio più sfrenato nei brani in cui si alternano il soprano solista “Stetit puella” (stava una fanciulla), il baritono solista e il coro “Circa mea pectora” (Attorno al mio cuore), una parte del coro maschile “Si puer cum puella” (Se un ragazzo con una ragazza), il coro doppio “Veni, veni, venias” (Vieni, vieni) fino ad arrivare a momenti d’intenso lirismo con l’assolo del soprano “In trutina” (Sulla bilancia).

“Nell’ incerta bilancia dei miei
sentimenti, volano in sensi opposti
amore lascivo e pudicizia.
Ma io preferisco quello che vedo,
e porgo il mio collo al giogo;
cedo a giogo tanto dolce.”

Helena, in bilico tra desiderio e pudore dopo “Tempus est iocundum” (Il tempo è felice) dove canta assieme al baritono, al coro e al coro di voci bianche, cede alle insistenze di Blanziflor e gli si concede:” Dulcissime” (A te, dolcissimo).

“Oh, dolcissimo!
Totalmente mi concedo a te!”
“Blanziflor et Helena”
Il coro con “Ave formosissima” (Salute a te, o bellissima) conclude la parte precedente con un brano che celebra l’unione dei due giovani amanti.
“Salute a te, o bellissima,
preziosa gemma,
salute a te orgoglio delle vergini,
Vergine gloriosa,
salute a te luce del mondo,
salute a te rosa del mondo,
Biancofiore ed Elena,
nobile Venere!”

Finale “Fortuna Imperatrix Mundi”
“O Fortuna”
La fortuna, la sorte, rappresentata come una ruota che girando costantemente decide le sorti dell’uomo si avvolge su sé stessa e Orff conclude l’opera con il brano potentissimo con il quale l’ha iniziata. La ruota è quindi l’immagine simbolica che raffigura l’alternarsi delle stagioni in natura ma anche nell’esistenza dell’uomo.