MAREMMA AMARA

Tutti mi dicon Maremma Maremma / e a me mi pare una Maremma amara…/ L’uccello che ci va perde la penna / io c’ho perduta ‘na persona cara. / Sia maledetta Maremma Maremma / sia maledetta Maremma e chi l’ama! / Sempre mi trema il cor quando ci vai / per lo timor che ci vedrem più mai.

Questi  i versi della nota triste canzone che accompagnava i braccianti pistoiesi che, nell’ ‘800 fino quasi alla prima metà del ‘900,  si recavano in questa terra inospitale, malarica, per i lavori agricoli stagionali o per i lavori di bonifica del padule. Il testo, come la musica – una melodia semplice e malinconica – sono entrambi di autore o autori anonimi, ed hanno destato nel tempo l’interesse di numerosi interpreti del folklore popolare. Ricordiamo, tra gli altri, Caterina Bueno, Riccardo Marasco, Daisy Lumini, e più recentemente, Simone Cristicchi con il Coro dei Minatori di Santa Fiora. Tutti gli interpreti in genere, sia pure ognuno a modo suo, nel lanciare quella tremenda invettiva: “sia maledetta Maremma e chi l’ama”, mettono l’accento sulla parola “maledetta”, dando risalto alla rabbia e all’ira, più che al dolore. Giustamente, in fondo si tratta di una maledizione senza appello, definitiva, totale.

Non era così per il maestro ITALO FAZZI. La sua armonizzazione a quattro voci miste di “Maremma Amara”, trasforma la terribile invettiva in canto sì di dolore, ma anche d’amore. Un amore disperato e struggente, pieno d’amarezza, di sofferenza, ma sempre amore. Come quello di chi, tradito dall’ amata, grida: “maledetta, perché mi hai tradito?” e lo grida piangendo, con la morte nel cuore. Il Maestro amava la Maremma, per quanto amara potesse essere.

In un concorso (a Orvieto o Roma, i ricordi dei testimoni non coincidono, purtroppo) il Maestro presentò i suoi “Quattro canti popolari toscani” il terzo dei quali è appunto “Maremma Amara”.

Al termine dell’esecuzione il presidente della giuria convocò “il maestro del coro di Grosseto” e, mostrandogli il programma che la Corale aveva inviato in sede di iscrizione al concorso, gli chiese di chi erano quei quattro canti ed in particolare quello dedicato alla Maremma. “Di anonimo!” rispose il Maestro diventando tutto rosso in viso. “Lo so”, replicò il presidente “ma chi li ha armonizzati?”. Il viso del Maestro da rosso si fece viola. “Io…”, mormorò timidamente, guardando il giurato come a implorare il suo perdono. “E allora ce lo scriva!” tuonò l’altro “sono bellissimi! specialmente questo…Maremma maremma..”.

I “Quattro canti” fanno parte del repertorio fisso della Corale Puccini.

 

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